Carnevale Storico di Bibbiena
Le origini della festa risalgono al 1337, quando la potente famiglia dei Tarlati era signora di Bibbiena.
Sembra che la festa sia nata a seguito della vittoria, nella battaglia all’Olmo di Arezzo, alla quale aveva preso parte, l’ormai vecchio Pier Saccone Tarlati. Un’altra ipotesi vuole che sia nata a seguito di uno dei tanti assedi subiti da Bibbiena a causa dei Fiorentini, per dimostrare agli assediatori che all’interno del paese non vi era carestia, fece bruciare sulle mura un grosso ginepro assieme alle più svariate vettovaglie. Bibbiena fu ugualmente espugnata dai Fiorentini, per il tradimento di alcuni cittadini capeggiati da un certo ser Uccio.
L’ipotesi più probabile, è che Pier Saccone abbia voluto imitare le feste che venivano allestite in quegli anni a Firenze.
Da allora, il Martedì grasso, i due rioni di Bibbiena, organizzavano la festa: i Piazzolini (bianco e celeste), avevano al proprio interno la società del “Bello Ballo”. I Fondaccini (giallo e rosso), avevano al loro interno la società del “Bello Pomo”; si trova scritto che gruppi di giovani con merli vivi legati al cappello con dei nastri, andavano di porta in porta, cantando antiche canzoni, raccogliendo cibo e vino per la festa.
Alle ore cinque del pomeriggio, al suono del campanone della torre principale del castello, i Piazzolini e i Fondaccini si portavano nella piccola piazza che divide i due rioni, chiamata appunto “Piazzolina”, dove il più anziano dei fondaccini dava fuoco al ginepro detto “Bello Pomo” e la festa continuava poi fra canti, balli ed abbondanti libagioni.
La leggenda della Mea
Al tempo del Conte Tarlati, nel rione del Fondaccio, viveva una bellissima e giovane lavandaia: Bartolomea, detta Mea.
Un giorno, mentre si apprestava a portare il bucato a casa, venne notata dal giovane figlio del Conte, Marco Tarlati. Il nobile s’ivaghì immediatamente dalla fanciulla tanto da rapirla per farla sua portandola nel suo palazzo.
Numerose furono le insurrezioni e le rivolte non appena si seppe l’accaduto. La rivolta veniva capeggiata dal promesso sposo di Bartolomea, Cecco il tessitore.
Il Conte per placare le proteste e gli animi convocò la popolazione in pubblica piazza, per restituire la bella Mea al suo rione ed a Cecco. Bartolomea venne riconsegnata vestita con abiti nobili e sontuosi…mai si seppe cosa accadde nei giorni della sua assenza!